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Titolo troppo lungo [Fan Fiction sui Pokémon]

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Ok non sapevo proprio dove metterla, se c'è una sezione apposita mi scuso un mondo

Avvertenze: Ci sono solo piccoli accenni agli "esseri umani". Il luogo dove si svolge la storia è lontano dalle zone dove vivono gli umani.
Quasi ogni pokémon leggendario ha una sua funzione, come sindaco o protettore.

Questa fiction l'ho iniziata l'anno scorso e, come tutte le altre, l'ho lasciata in sospeso perché non è una oneshott e avevo intenzione di fare anche il seguito (come nei film, tipo Shrek e Shrek 2)

Il nome non è certo, probabilmente lo cambierò (devo, è troppo lungo)
Questo è il primo "capitolo" (faccio capitoli corti rispetto ad altre persone)
Sinceramente non so nemmeno perché lo sto postando, probabilmente voglio ricevere qualche commento, un qualche aiuto. Infatti lo postai già una volta su EFP, ma ricevetti solo un commento positivo, che sinceramente avrei preferito avesse qualche cosa di negativo, che so: La descrizione qui lascia a desiderare [...] etc.etc.
Vabbeh... eccolo insomma... ditemi cosa ne pensate....
Ah e anche il modo in cui ho scritto... cioè, come spiegare... dovrei fare più "a capo"? Meno mattonate?


Titolo: L'arte del viaggiare, dell'osservare, dell'imparare


Capitolo 1 – Introduzione – Verso l'ignoto -Immagine

Un bel giorno di primavera, in una vallata piena di spazi verdi e di splendidi fiori colorati, dove il caldo sole si apprestava ogni volta a benedire la terra con i suoi amati raggi, un piccolo Mawile correva e giocava assieme ad un Grimer e un Gigalith, ignorando i pericoli che incombevano nei villaggi più lontani, pericoli che non li riguardavano affatto, che non li preoccupavano neanche nel sonno. Coglievano bacche gustose dagli alberi, una era aspra ma polposa, l'altra succosa e dolce. Saltavano da una sponda all'altra del rusciello che scendeva dalle alte montagne. L'acqua era limpida e cristallina, la più pura di tutta quelle terre. Se la si beveva, sembrava che, scendendo nel corpo, ripuliva di tutte le impurità. Il Mawile ne prese un po' con le corna ormai svillupatesi e trasformate in bocca, per poterla schizzare nelle facce dei suoi due amici. Questi, bagnati fradici, decisero di vendicarsi, e a loro volta iniziarono a bagnare il pokémon, lanciandogli più acqua possibile dal ruscello. Ma solamente delle gocce riuscivano a colpire l'altro. Delle gocce ritmate, una dopo l'altra, sempre nello stesso punto...
Plick, plick, plick...
Weelia aprì gli occhi lentamente, mentre le gocce che scendevano da una stalagmite avevano, oramai, inzuppato tutta la sua faccia. Si alzò dal posto dove prima stava dormendo, e si spostò un poco. Si stiracchiò le gambe e la schiena, poi si asciugò la fronte. Il piccolo pokémon starnutì leggermente, poi si coprì con la sua preziosa coperta di Mareep di quinta mano, che valeva molto tra la loro gente. Dopo essersi ben protetto,decise di non tornare più a dormire, ma di fare quattro passi. Tanto per fare qualcosa di diverso.
La caverna dove tutta la sua popolazione viveva, si estendeva per chilometri, molti più di quanto si potesse immaginare. Camminando, cercò di non disturbare gli altri Mawile e i Sableye che stavano costruendo un' abitazione, aiutati dai Gigalith, probabilmente per la nuova famiglia di Bronzong e Bronzor trovata, sfinita e allo stremo delle forze, nei loro confini. Ultimamente ne stavano venendo a decine, in quello stato, di gruppi di simili alla loro popolazione, cosa molto strana, dato che di solito i pokémon che decidevano di abitare di nascosto con gli altri, non si facevano scoprire molto facilmente.
Gli esiliati non erano ben accettati dagli abitanti che vivevano al di là di Aziletia, terra dove erano stati sconfinati ormai da generazioni. Erano passati così tanti anni, che nemmeno loro ricordavano il perché di quel disprezzo da parte delle altre specie.
Weelia si fermò nel lago interno, per bere un po' di acqua, probabilmente era la peggiore che potesse esistere, ma purtroppo era l'unica che potevano avere. Si sedette nelle dure e fredde roccie, e incominciò a fissare il vuoto. Passarono minuti, forse ore, oppure secondi, in quel luogo freddo, umido e buio dove solamente i più anziani, ormai abituati, potevano avere la cognizione del tempo che passava. Gli si avvicinò un Cloyster che, con un debole attacco raggioaurora, risvegliò il Mawile mezzo addormentato per chiedergli poi, cordialmente, se poteva spostarsi. Infatti si era proprio messo in mezzo alla "strada", e alcuni Muk dovevano portare una consegna alle famiglie di Cloyster e Shellder. Senza obbiettare, si alzò dalla scomoda sedia provvisoria, e si diresse verso il fondo della caverna. Passò tra il muschio umido, di un verde spento e consumato, cercando di non pestare i velenosi funghi che crescevano in quella zona. Quelli erano il loro prato ed i loro fiori.
Improvvisamente, come se qualcuno avesse rasato tutto, il terreno ritornò roccioso, in alcuni punti fangoso. Si stava allontanando troppo dalla sua zona, dalla zona sicura, dove gli esiliati erano pacifici e per niente pericolosi. Giravano voci, alla fine confermate da lui stesso, che se si andava sempre più all'interno, si potevano trovare pokémon sconosciuti e degni di essere temuti. Si raccontava su di loro che persino gli umani, esseri superiori ai pokémon, che vivevano al di là del mare Aege, avevano il terrore di queste creature. Le bramavano, le volevano, ma al tempo stesso avevano paura di catturarle. Gli umani osarono battezzare quelle creature basandosi sul loro "numero di matricola" assegnatogli da alcune parecchiature: le avevano chiamate MissingNo.
Weelia cercò di avvicinarsi il più possibile alla seconda entrata della caverna, e, con tutto il coraggio che aveva, si affacciò. Non era la prima volta che lo faceva, altre volte si era azzardato. Forse era l'unico, forse no..
Come al solito, una soffiata di aria putrida, aria di morte, si abbattè sulla faccia del piccolo pokémon, facendolo arretrare di poco, e, dal buio, non si vedeva altro che misteriose ombre aggirarsi di qua e di la. Come al solito, quelle ombre altri non erano che un ammasso di numeri, di simboli e altro ancora. Una cosa innaturale, mostri della natura.
Quella volta, però, poteva vedere, anzi, sentire, che tra quei "pokémon" c'era una specie di inquietudine. Erano agitati, si muovevano confusionariamente, si scontravano, creando per alcuni istanti un caos nella zona circostante che per il Mawile sembrava un vero e proprio inferno, ma che probabilmente per quei "cosi" era un effetto abitudinario. Coprendosi ancor di più con la sua fidata coperta, come fosse un impenetrabile scudo, Weelia si avvicinò di pochi passi, per vedere meglio la situazione bizzarra, per ascoltare eventuali bisbigli tra di loro. Pochi passi per lui, probabilmente troppi per quei pokémon.
Uno di loro gli fu immediatamente davanti al volto, facendolo sobbalzare.
Mai una cosa del genere era accaduta, mai una reazione così era avvenuta. La creatura si avvicinò con una parte del corpo alla faccia dell'altro. Probabilmente era la testa. Una testa fatta solo di numeri.
Weelia sentì improvvisamente una voce dentro la sua mente. All'inizio era stridente, sgradevole, straziante, che lo paralizzò. Poi, piano piano, iniziò a diventare calda, bassa, gradevole, rassicurante. La voce parlò in una lingua sconosciuta. La voce narrò in modo confuso. La voce spiegò cosa doveva fare. Infine, la voce nascose il tutto dentro il suo subconscio. Il Mawile non capì nulla di quello che stava succedendo, ma improvvisamente si sentiva stanco. La creatura s'allontanò un poco e, con un gesto della probabile mano, fece cenno di andarsene.
Weelia era un tipo molto passivo, e non fece obbiezioni neanche stavolta. Però, a differenza di prima, sentiva dentro di se che non poteva fare altrimenti, e così si voltò e ritornò da dove era venuto.

Ritornato, dopo un paio d'ore, i genitori del giovane lo sgridarono per bene, ma lui non sembrava prestare attenzione. Andò in cucina. Prese delle cibarie e fece un fagotto con la sua coperta di lana di Mareep, infine uscì dalla propria abitazione, senza salutare né dire nulla. Si avviò verso l'uscita della caverna senza girarsi. Sapeva che i familiari avevano capito le sue intenzioni. Eppure non ci aveva mai pensato. Mai gli era passato di mente una cosa del genere.

Eccolo, ora, andarsene dalla propria terra, da Aziletia, l'unico posto dove era ben accettato. Eccolo ora lasciare tutto quello che aveva. Eccolo ora, a obbedire ad un comando di uno strano pokémon mai conosciuto fin'ora. Ubbedire senza obbiezioni, senza domande, senza tanti pensieri, come fosse ipnotizzato, senza effettivamente esserlo .
Eccolo ora, ad intraprendere il suo viaggio verso i regni ostili, verso l'ignoto.
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